05 gennaio 2014

Una notte, un bambino

PROPRIO BELLO! Troppo bello per non tradurvi al volo questo post dal blog di Enrique Monasterio. Autrice del testo Marta Chacón.

31 dicembre, passate le dieci di sera, da più di dodici ore non faccio che curare bambini al pronto soccorso. Ormai manca poco all'anno nuovo; speriamo di avere un momento di respiro almeno per cenare...

E invece no: c'è un bambino che piange nella sala d'attesa. Mi affaccio e dico loro di passare, sperando di riuscire a sbrigarmeli in fretta.

Sono giovani, molto giovani, evidentemente stranieri: nordafricani o mediorientali. Il padre spiega:

— Lo stavamo portando a casa, ma si è messo a piangere e non riusciamo a calmarlo. Non sappiamo che ha.

La madre, una ragazzina con grandi occhi scuri, sorride e dice qualcosa che non capisco, perché il suo sorriso ha rapito tutta la mia attenzione.

Le chiedo di ripetere.

— Non piange mai, non credo abbia fame, non so che gli succede.

Inizio con le solite domande: gravidanza e parto normali? Si guardano, sorridono, lei con quel sorriso che sembra una giornata di sole. Lui con un mezzo sorriso che gli arriva agli occhi, con una punta di furbizia, come di chi sa qualcosa che gli altri non sanno. È evidente che si amano, che lui non la tratta con quel sostegno un po' prepotente che tante volte si vede negli uomini di quelle terre verso le loro donne.

— Sì, tutto normale.

Guarda il bambino, che adesso si è addormentato. Ha la testa tonda come i bambini nati con parto cesareo. Non dico nulla, non so perché.

Mangia bene? Sì. Va di corpo? Sì. Quanto ha? Sei giorni. Spogliatelo, per favore.

Nudo sul lettino il piccolo continua a dormire. Non si è svegliato mentre lo spogliavano. La pelle è color cannella, una spazzola di capelli neri sulla testa, le sopracciglia tremano al ritmo della respirazione. Auscultazione normale. Il cordone è pulito e prossimo a staccarsi. Do qualche istruzione per quando succederà. Pancia normale, fianchi normali, orecchie normali. Controllo le dita di mani e piedi: a volte, se la mamma ha i capelli lunghi, un dito può impigliarsi e dare problemi. Niente.

— È tutto a posto. Non gli trovo nulla.

Gli dico di non preoccuparsi, che l'esame è andato bene, bla bla bla, che possono ritornare se notano qualcosa che li preoccupa.

La ragazzina mi dice:

— È tranquillo da quando siamo entrati. Magari voleva solo vederla. Su, lo tenga un po' in braccio mentre mi metto il cappotto.

E mi dà il bambino.

Davanti a simili sfacciataggini la mia reazione abituale sarebbe piuttosto caustica. Non so perché, ma questa volta mi limito a prendere il bambino e cullarlo un po'. Apre gli occhi, mi guarda. Non con quello sguardo sfocato dei neonati: mi guarda fin dentro. Mi vede. È il ritratto di sua madre, occhi compresi: scuri ma non grigi, dolci, profondi. Mi perdo in quegli occhi che mi promettono felicità senza limiti. Amore. Vita.

Maria riprende il Bambino senza fretta. Mi sorride ancora e si volta per uscire.

Il padre ringrazia e mi augura buon anno.

Io crollo sulla sedia. Folgorata.

1 commento:

rg ha detto...

grazie, Mario, bellissimo,
Bob