11 giugno 2011

Haiku filosofico

RIFLETTEVO SU QUESTA frase di Benedetto XVI:
«Nel nostro tempo ci fermiamo spesso superficialmente sul valore dell’istante che passa, come se fosse irrilevante per il futuro».
Es. ap. Verbum Domini, n. 99
Colpisce sempre quando ti imbatti nel contrario di quello che ti aspetti. In questo caso la sorpresa sta nell'affermazione che oggi si darebbe poca importanza all'istante che passa. Io avrei detto il contrario: viviamo un'epoca tutta centrata sul presente, incapace di fare esperienza del passato e poco proiettata verso il futuro. Eppure l'aggettivo "irrilevante" chiarisce molto del pensiero: se è vero che la mancanza di una proiezione verso il futuro porta a centrare tutta l'attenzione sull'istante presente, allo stesso tempo fa anche sì che questo istante – che è tutto quello che mi rimane – sia irrilevante.

È una delle tante conseguenze del nichilismo.
Nietzsche pensava di liberare l'uomo dai vincoli di un mondo che gli impediva di svilupparsi in superuomo, smascherando la falsità del reale: "Non esiste verità", avrebbe detto lui, "quindi sei libero di spaziare, di inventarti, di essere quello che vuoi". Non aveva detto, però, che questa apparente libertà di poter essere qualsiasi cosa, si acquista al prezzo di non poter essere in realtà nulla. Perché se niente è vero, nemmeno tu sei vero. Io mi definisco confrontandomi con la realtà; se niente è vero, che cosa significa il mio nome?

Che differenza c'è tra la firma di Nietzsche e quella di un impostore? Che importanza ha sapere se le sue opere sono veramente sue o sono l'abile rimaneggiamento di sua sorella? (Certo che la storia ha un grande senso dell'ironia!)
Nietzsche, sirena,
chi ascolta la tua voce
perde il suo nome.

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